“L’incidente all’impianto nucleare di Chernobyl ha colpito dolorosamente il popolo sovietico e sconvolto la comunità internazionale. Per la prima volta abbiamo sperimentato la vera forza dell’energia nucleare fuori controllo”
Mikhail Gorbachev
Molto probabilmente il disastro di Chernobyl ha accelerato alcuni processi politici e diplomatici percepiti fino ad allora come non prioritari. In particolare, l’impatto di quell’evento sulla vita quotidiana di milioni di persone e il generalizzato timore sui danni alla salute e all’ambiente provocati dall’esposizione alle radiazioni hanno imposto con prepotenza il tema dell’energia nucleare nelle agende governative di tutto il mondo. Non a caso uno dei primi accordi internazionali sottoscritti dal nuovo Segretario Generale del PCUS Mikhail Gorbachev, eletto pochi mesi prima del disastro di Chernobyl, fu il celebre Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) siglato a Washington l’8 dicembre 1987 con il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan.
La portata storica dell’accordo consisteva nell’inedito reciproco impegno a smantellare gli armamenti già prodotti (anziché ritirarli da zone di confine o ridurne la produzione) e ad accettare un rigido sistema di ispezioni internazionali sul proprio territorio. Le immagini diffuse in tutto il mondo dei due leader sorridenti in occasione della firma del celebre trattato divennero presto il simbolo del progressivo “disgelo” tra le due superpotenze.

Nel 1990 Mikhail Gorbachev ottenne il premio Nobel per la Pace, proprio per il suo ruolo di promotore degli accordi internazionali che hanno posto fine alla Guerra fredda. Infatti, le riforme interne e le iniziative diplomatiche attuate da Gorbachev, seguite da una mobilitazione popolare sostenuta dal nuovo contesto favorevole, determinarono prima la caduta del muro di Berlino (1989) e poi, indirettamente, la dissoluzione della stessa Unione Sovietica (1991).
Inoltre, l’incidente di Chernobyl del 1986 ebbe conseguenze rilevanti anche per quanto riguarda l’uso dell’energia atomica per fini civili: in alcuni stati, tra cui l’Italia, posizioni fino a quel momento marginali circa una eccessiva pericolosità dell’energia nucleare, soprattutto considerando gli standard di sicurezza offerti dalla tecnologia disponibile in quegli anni, divennero rapidamente maggioritarie.

Nei Referendum del 1987, sostenuti da varie associazioni e partiti tra cui Legambiente e il Partito Radicale, otto italiani su dieci espressero un voto favorevole all’interruzione degli investimenti pubblici in tale settore energetico, determinando di fatto la chiusura delle tre centrali nucleariattive sul territorio nazionale (presso Trino, Caorso e Latina).
Il Museo della Resilienza ospita una fotografia autografata dal Premio Nobel per la Pace Mikhail Gorbachev presentata in una cartellina originale degli anni ’80, recante in rilievo l’emblema dell’URSS. Il Museo espone anche una cartolina inviata nel 1979 da Laura Arconti (militante storica ed ex Presidente dei Radicali Italiani) all’On. Danilo De’ Cocci, Presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato della Repubblica Italiana: una interessante testimonianza del precoce sostegno alle istanze del Movimento anti-nucleare da parte del Partito Radicale.
CURIOSITÀ
Nel 2008, in considerazione dei progressi tecnologici intervenuti nel ventennio successivo al disastro di Chernobyl e sulla spinta dell’aumento dei prezzi di gas naturale e petrolio, in Italia venne approvata una legge che poneva le basi per una ipotetica costruzione di nuove centrali nucleari sul territorio nazionale. Tuttavia il gravissimo incidente avvenuto nel 2011 presso la centrale giapponese di Fukushima riaccese la diffidenza dell’opinione pubblica verso l’energia atomica e per mezzo di un apposito Referendum, oltre il 94% dei votanti si espresse per l’abrogazione della norma.