Manufatti ricavati dalle bombe: così il Laos si risolleva dalla guerra del Vietnam

La guerra del Vietnam è ricordata ancora oggi come una tra le più controverse e brutali del XX secolo. Il conflitto, iniziato negli anni ’50 a causa delle insanabili divergenze ideologiche tra nord e sud, a seguito dell’allargamento alle nazioni adiacenti e del coinvolgimento degli Stati Uniti, si trasformò nel decennio successivo in uno scontro imponente ed estenuante.

In particolare, gli americani condussero massicci bombardamenti aerei sul Laos, un paese formalmente neutrale ma confinante con il Vietnam, per interrompere le vie di rifornimento del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) del Vietnam del Nord. Durante queste operazioni furono sganciate enormi quantità di bombe “a grappolo”, un tipo di ordigno molto efficace ma anche tremendamente insidioso per la popolazione civile. Le bombe inesplose, infatti, causano migliaia di vittime ogni anno, spesso tra i contadini che lavorano nei campi o i bambini che giocano.

Nonostante gli sforzi internazionali per sminare il Laos, i progressi sono stati lenti: la rimozione delle bombe a grappolo richiede personale addestrato e attrezzature specializzate molto costose. Ancora oggi molte zone rurali sono inaccessibili a causa degli ordigni e la mancanza di fondi ha complicato ulteriormente la situazione. In questo contesto tragico, tuttavia, qualcuno ha trovato una soluzione, geniale e concreta, per affrontare il problema.

Finita la guerra del Vietnam, gli abitanti di Napia, un piccolo villaggio nel Laos, hanno sviluppato un sistema artigianale di riciclaggio di ordigni bellici, capace di dare agli abitanti una fonte di sostegno oltre l’agricoltura di sussistenza e finanziare le operazioni di bonifica. Diverse piccole fonderie gestite da famiglie locali, hanno iniziato a sciogliere l’alluminio presente nelle bombe e a versarlo in stampi rudimentali per creare cucchiai (le zuppe di noodles sono il piatto principale del Laos). Il successo fu tale che oltre alle posate cominciarono a produrre orecchini, bracciali, collane, e altri oggetti artistici, trasformando così il dolore e la violenza del passato in qualcosa di utile e di bello.

Un giorno dei giovani italiani andarono in visita a Napia e rimasero colpiti dalla forza d’animo dei laotiani. Desiderosi di sostenere quella realtà resiliente, hanno deciso di fondare No War Factory, un negozio online che valorizza e commercializza in tutto il mondo questi manufatti, sostenendo concretamente i progetti di bonifica.

Serena di No War Factory con alcuni bambini di un villaggio nel Laos

La guerra in Vietnam, Cambogia e Laos ha lasciato cicatrici profonde e il pericolo delle bombe a grappolo inesplose rappresenta ancora oggi una minaccia per la sicurezza delle persone, ma gli sforzi di sminamento e il riutilizzo dei materiali delle bombe stanno offrendo a tutto il mondo un segno di speranza e un esempio di resilienza.

Il Museo della Resilienza espone un cucchiaio e un bracciale prodotti dagli artigiani laotiani di Napia, gentilmente offerti da Massimo, Serena e Riccardo di No War Factory, i quali hanno voluto esprimere il loro sostegno al nostro museo anche con un graditissimo messaggio scritto.

Si stima che durante la Guerra del Vietnam vennero sganciate, solamente sul Laos, oltre 270 milioni di bombe a grappolo. Ad oggi, risulta che ben 90 milioni di ordigni, pari a circa il 30%, non siano ancora deflagrati e pertanto potenzialmente letali per la popolazione civile.

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